Ognuno di noi ha avuto come esperienza la sensazione di vivere una vita che non gli appartiene e di essere guidati nelle proprie azioni da una forza che ci costringe a fare cose che la nostra mente non percepisce di avere scelto.

Questa sensazione e la domanda sul che cosa e perché si stia facendo quella determinata azione (ma si potrebbe anche parlare di emozione provata o di idee ricorrenti) possono rendere conto  dell’esistenza dell’inconscio, cioè dell’ignoto; quella dimensione sconosciuta che ci ha portato a compiere  determinate azioni e con  precise modalità, che ci indirizza verso obiettivi che non soltanto non conosciamo, ma che non abbiamo ancora chiaramente stabilito.

Buona parte della nostra esistenza è vissuta in questa condizione di incoscienza e molto del vivere quotidiano si riduce ad una sequenza ininterrotta di azioni di cui spesso non si comprende il senso.

Penso che la psicoterapia sia da intendersi principalmente come una relazione, un rapporto tra due individui che insieme tentano di comprendere il senso e il significato dell’accadere psichico.

E' una tipologia di alleanza quella che viene a crearsi tra analista e paziente, nella quale ogni sforzo ed emozione sono indirizzati verso la comprensione del mondo interno della persona in analisi, anche se nel fare questo anche il terapeuta non può che mettere in gioco la sua interiorità.

L’intento comune è quindi quello di utilizzare quello che avviene nella relazione analitica per comprendere le dinamiche inconsce di chi ha richiesto l’aiuto per guidarlo non verso la strada di una presunta guarigione, bensì verso il sentiero della conoscenza di sé, che è l’unico percorso possibile per gestire meglio l’inquieto rapporto del paziente col mondo, attraverso la sostituzione di uno schema mentale erroneo con un altro più adeguato.

Una metafora inesatta deve essere cambiata con una capace di sanare la sofferenza, insegnando un modo diverso di rapportarsi con la vita.

 
 
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